Alla Biennale una installazione denuncia l’uso di amianto

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Alla Biennale di Venezia si parla di sicurezza ambientale! Wir rufen nicht die polizei” (Noi non chiamiamo la polizia) è questo il nome dell’installazione che fa tanto parlare di se ma che con una semplicità disarmante denuncia una delle problematiche ancora attuali in molte zone del nostro paese, l’inquinamento ambientale in generale ed in particolare le conseguenze dell’uso dell’eternit in edilizia, un materiale nato dall’unione di cemento e amianto risultato poi altamente tossico per la salute con il conseguente avvio di tutta una serie di necessarie analisi per l’amianto da effettuare per bonificare aree a rischio come quelle dove sono presenti costruzioni o accumuli di eternit.

L’artista, un giovane italo-tedesco nato a Wuppertal nel 1974 ma che vive a Revine Lago, nel trevigiano, ha messo in mostra, nell’ambito della 54° Esposizione internazionale d’arte alla Biennale di Venezia, un’opera che raffigura un sarcofago di metallo con all’interno uno scheletro in eternit, immerso in acqua. L’installazione è stata disposta all’interno di una stanza buia dove all’interno viene ripetutto ossessivamente un brano del Vangelo.

Fabio Anselmi, della galleria Leonart Art Dealer che rappresenta l’artista, afferma:

L’eternit è stato messo fuorilegge, ma è ancora molto presente nei nostri luoghi di vita e di lavoro. L’utilizzo di questo materiale è visto come paradigma dei rapporti umani, di come gli errori e le cattive intenzioni dell’uomo si colgano nella vita quotidiana“.